Il 24 gennaio 2019 la Corte europea dei diritti dell'uomo, nel caso "Cordella e altri contro Italia" (n. 54414), ha condannato l'Italia per la violazione degli articoli 8 ("diritto alla vita privata") e 13 CEDU ("diritto a un ricorso effettivo") a causa della mancata adozione da parte delle Autorità italiane di misure idonee a proteggere l'ambiente e la salute dei cittadini di Taranto, dai danni causati dalle emissioni dello stabilimento siderurgico più grande d'Europa: l'ILVA.
La pronuncia è di particolare importanza perchè approfondisce la tematica dell'autonomia del "diritto a vivere in un ambiente salubre", aprendo così alla c.d. "dimensione ecologica" dei diritti fondamentali. Attualmente, infatti, la Convenzione tutela l'ambiente solamente in via mediata e gli assegna una funzione strumentale ad assicurare il rispetto di altri diritti fondamentali. Ciò si spiega col fatto che la Convenzione europea dei diritti dell'uomo è nata nel 1950, quando la necessità di tutelare l'ambiente non era ancora così sentita dalla comunità internazionale.
A parte il caso "Cordella", le tematiche ambientali sono state in passato vagliate dalla Corte EDU anche sotto i profili della violazione degli art. 2 ("diritto alla vita"), art. 6 ("Diritto a un equo processo"), art. 10 ("Libertà di espressione"), art. 13 ("Diritto a un ricorso effettivo") e art. 1 del Protocollo n°1 ("Protezione della proprietà").
SALUTE E AMBIENTE
In assenza di un diritto autonomo all'ambiente salubre, le questioni connesse al rapporto tra tutela ambientale e diritto alla salute risultano a metà strada tra l'art. 8 e l'art. 2 CEDU.
I giudici di Strasburgo in passato hanno fatto ricorso all'art. 2 in caso di eventi di estrema gravità (come morte o rischio di morte) a seguito di episodi qualificabili come disastri ambientali.
Dall'art. 2 scaturisce l'obbligo per lo Stato di prendere tutte le misure più adeguate nei casi in cui l'esercizio di attività pericolose o la presenza di rischi per la salute mettano a rischio la vita di coloro che si trovano sotto la sua giurisdizione.
La scelta di ricondurre la tematica ambientale sotto l'art. 2 possiede il vantaggio che i beni giuridici tutelati sono ben definiti (la vita delle persone). I beni tutelati dall'art. 8, invece, presentano dei contorni più labili (benessere e qualità della vita).
Inoltre, mentre l'art. 2 richiede che si siano già verificate conseguenze rilevanti per la salute e la vita delle persone coinvolte, l'art. 8 permette di anticipare la tutela dell'ambiente, agendo prima che esso sia irreversibilmente compromesso.
Affinchè sussista una violazione dell'art. 8 non è invece necessario un danno alla salute: esso è implicito nel danno ambientale.
IL CASO CORDELLA
I giudici di Strasburgo, nel caso Cordella, hanno affermato che le doglianze dei ricorrenti andavano esaminate sotto il profilo dell'art. 8 CEDU, sebbene esso non contenga un espresso riferimento alla tutela dell'ambiente.
In particolare, la Corte EDU ha rilevato che fin dagli anni '70 diversi studi scientifici hanno dimostrato l'effetto inquinante sull'ambiente delle emissioni provenienti dallo stabilimento siderurgico dell'ILVA, con il conseguente aumento della mortalità dei cittadini residenti a Taranto.
Diversi giudizi penali erano stati avviati nei confronti della dirigenza dell'ILVA per disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, danneggiamento aggravato di beni pubblici, sversamento e getto di sostanze pericolose, inquinamento atmosferico. Alcuni di questi processi si sono conclusi con delle condanne, altri sono ancora in corso.
La Corte ha altresì riconosciuto la violazione dell'art. 13 CEDU, in quanto i ricorrenti non hanno avuto accesso a rimedi effettivi che consentissero loro di sottoporre alle Autorità nazionali i propri reclami circa l'impossibilità di ottenere il risanamento delle zone inquinate. L'art. 13 CEDU garantisce che l'ordinamento di uno Stato debba disporre di rimedi effettivi affinchè i privati siano messi nella condizione di avvalersi pienamente dei diritti e delle libertà tutelate dalla Convenzione.
Nel caso Cordella la Corte rileva che per diversi decenni i ricorrenti si sono trovati esposti a pericoli per la propria salute senza che i numerosi contenziosi interni fossero in grado di garantire non solo una tutela sostanziale ex art. 8 CEDU, ma neanche una tutela di tipo processuale.
SALUTE, LAVORO, ECONOMIA
La Corte si pronuncia anche sul bilanciamento tra interessi economici e diritti umani.
A livello interno, alcune questioni di costituzionalità del "decreto Salva-Ilva" erano già state sollevate nel 2013 e nel 2018 in merito al giusto equilibrio tra tutela della salute e tutela dell'occupazione e dell'economia. Nella sentenza del 2013 la Corte Costituzionale aveva ritenuto "ragionevole" il bilanciamento effettuato dal Legislatore tra i diversi interessi coinvolti, perchè la prosecuzione dell'attività produttiva era vincolata al rispetto delle prescrizioni dell'A.I.A. e alla predisposizione di una struttura di monitoraggio. La pronuncia del 2018, invece, fu di segno opposto, rilevando la Corte l'incostituzionalità delle norme nazionali nella parte in cui la prosecuzione dell'attività veniva semplicemente subordinata al rispetto di un piano unilaterale predisposto dalla stessa proprietà dell'acciaieria.
Nel caso Cordella la CEDU condanna l'Italia perchè ha eccessivamente privilegiato gli interessi economici, a scapito della tutela della salute: da un lato, le continue autorizzazioni governative a proseguire le attività dell'ILVA nonostante molteplici sentenze penali di condanna ne avessero rilevato la pericolosità per l'ambiente e la salute; dall'altro, l'immunità penale e amministrativa garantita ai soggetti responsabili.
Questa decisione ha avuto per l'Italia importanti conseguenze: si pensi che l'art. 46 del "Decreto Crescita 2019" ha soppresso le immunità penali e amministrative che erano state concesse, a partire dal 2015 con la legge "salva ILVA", ai commissari, ai loro delegati e ai futuri acquirenti dello stabilimento.
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