Con
il nome “Decreto Dignità” si fa riferimento ad una serie di norme emanate in materia di rapporti di lavoro, delocalizzazioni aziendali, contrasto alla ludopatia e semplificazione amministrativa.
Col presente articolo ho scelto di occuparmi delle disposizioni relative ai c.d. "contratti a termine", emanate allo scopo di contrastare il ricorso – spesso fraudolento - a questo tipo di assunzioni.
Il
tema interessa milioni di giovani italiani giacché, come evidenziato anche
dall’ISTAT in una recente statistica, (http://www.infodata.ilsole24ore.com/2018/06/04/tre-milioni-contratti-tempo-determinato-italia-confronto-leuropa/),
la fascia di popolazione di età compresa tra i 15 e i 35 anni risulta quella
maggiormente interessata, con oltre 3 milioni di contratti a termine stipulati.
Contratto a tempo determinato
Il legislatore con il Decreto in esame ribalta la prospettiva allo scopo di tutelare il soggetto lavoratore: se con il "Jobs Act" il contratto a tempo indeterminato oramai era considerato un' <<eccezione>> , adesso sono i contratti a termine ad esserlo.
Le
disposizioni si applicano a tutti i contratti a termine stipulati a
partire dal 14 luglio 2018 e - molto
importante - anche alle proroghe e ai rinnovi successivi al 31 ottobre 2018 per i contratti già in vigore.
In altre parole, chi è stato assunto con contratto a tempo determinato stipulato prima del 14 luglio 2018) sarà ampiamente tutelato dalle nuove
disposizioni che si applicano alla proroga del rapporto di lavoro a partire dal
31 ottobre 2018.
In
sintesi, la situazione attuale risulta così costruita:
1.
Il contratto di
lavoro a tempo indeterminato costituisce (di nuovo) la regola nelle assunzioni,
mentre il contratto a termine è l’eccezione (tranne nelle attività stagionali);
2. I contratti a termine, a partire dal 14 luglio 2018, non possono
superare i 24 mesi, comprese le proroghe e i rinnovi (in precedenza, non si potevano superare i 36 mesi);
3.
E’ possibile
sottoscrivere un contratto a termine senza giustificazione solo se non supera i
12 mesi. Superato tale periodo, la causale diventa obbligatoria per il rinnovo e per la proroga. I contratti a termine, anche se rinnovati Se si supera tale periodo e non vi è una causale, il contratto si
trasforma in tempo indeterminato;
4.
A partire dal 31
ottobre 2018, per ogni proroga o rinnovo è necessaria la giustificazione
causale;
5.
Le nuove regole
si applicano sia per chi è stato assunto con contratto a termine a partire dal
14 luglio 2018, sia per chi è stato assunto in precedenza e ottiene il rinnovo
o la proroga a partire dal 31 ottobre 2018;
6.
Qualora il
periodo del contratto a termine ecceda i 24 mesi oppure la giustificazione
causale sia fraudolenta, il contratto a termine si trasforma in contratto subordinato
a tempo indeterminato;
7.
Fanno eccezione
i c.d. contratti per attività stagionali,
che possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle causali.
La “causale”
Un'altra "innovazione" è costituita dal ritorno alla c.d. “causale".
La
“causale” costituisce la motivazione che il datore di lavoro, a partire dal 14 luglio 2018, deve obbligatoriamente fornire quando stipula un contratto a termine
superiore a 12 mesi. Per i contratti a termine inferiori a 12 mesi tale obbligo non sussiste, fatto salvo il limite massimo di 24 mesi per l'utilizzo dello stesso lavoratore con contratto a termine. Stesso discorso per le proroghe di contratti a termine, stipulati anche prima
del 14 luglio 2018: anche in questo caso il datore di lavoro, qualora decida di
rinnovare o prorogare il rapporto a tempo determinato, a partire dal 31 ottobre
2018 ha l’obbligo di legge di indicare il motivo.
Scopo
della “causale” è quello di evitare
che le proroghe e i rinnovi dei contratti a termine si susseguano all’infinito,
dissimulando la reale intenzione fraudolenta del datore di lavoro.
Viene
stabilito un limite, pari a 12 mesi, in cui non è necessaria la giustificazione
causale. Dopo tale periodo, in caso di proroga o di rinnovo, il datore di
lavoro deve inserire una delle seguenti motivazioni: 1) che il rinnovo o la
proroga sono necessari per far fronte ad esigenze temporanee ed oggettive,
estranee all’ordinaria attività ovvero esigenze di sostituzione di altri
lavoratori; 2) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non
programmabili dell’attività ordinaria.
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